Scritto da Marco Ramerini
La chiesa di San Giusto a Petroio fondata probabilmente attorno all’anno mille fu parrocchiale, dipendente dalle Pieve di San Piero in Bossolo, fino al seicento. Poi dal 1655 San Giusto fu annesso al popolo di San Piero in Bossolo e la chiesa, come ci dice il Biadi, divenne un semplice oratorio, l’Oratorio di San Giovanni Gualberto nel Popolo di San Giusto a Petroio presso la Villa di Vincenzio degli Alessandrini, luogo detto il Poggio a Petroio. Ridotto in rovina, l’oratorio, fu ridotto ad uso profano il 19 settembre 1719.1
Con il nome di San Giusto è conosciuto un podere, oggi abbandonato situato vicino alla Romita. Nei suoi paraggi c’era anche una fonte miracolosa di San Giovanni Gualberto, questa informazione è riportata in un antico cabreo del Podere di San Giusto risalente al 1782.2 Nel cabreo viene riportato: “Fontana ove dicesi che beveva San Giovanni Gualberto e che tuttora viene bevuta dai febbricitanti per devozione”. Dalla posizione segnata nel cabreo non sembra essere la fonte oggi presente lungo la Cassia, ma una sorgente situata molto più vicino all’antico podere San Giusto. In questa zona, la leggenda narra, che nacque anche San Giovanni Gualberto.
Ma San Giusto a Petroio secondo un interessante recente studio fatto da Elisabetta Scarton3 fu anche il popolo dove nacque il capostipite della famiglia Manin, nobile famiglia veneziana e che tra i suoi membri ebbe anche Lodovico IV, ultimo doge della Repubblica di Venezia.
Secondo la splendida ricostruzione dell’origine dei Manin fatta dalla dottoressa Scarton, dalla quale ho tratto gran parte delle informazioni sotto riportate, le prime tracce documentate della famiglia partono proprio dalla nostra zona. In particolare nel primo cartolario conservato delle pergamene della famiglia Manin ci sono molti riferimenti al luogo di origine della famiglia, San Giusto a Petroio.4 In questa raccolta di documenti il primo atto che riguardi direttamente un membro della famiglia Manin è il n. 21, nel popolo di S. Giusto a Petroio (Firenze) datato il 7 dicembre 1339. L’atto è relativo a Manino di Buccio, che è colui che emigrò in Friuli secondo la tradizione attorno al 1312. Di lui sono state trovate le prime tracce della sua presenza in Friuli in un documento del 1327, in quest’anno Manino di Buccio viveva a Cividale del Friuli, successivamente di spostò a vivere ad Udine.5
In un’altra pergamena datata 1339 si hanno altri particolari sulla famiglia di Manino di Buccio a San Giusto a Petroio. Manino di Buccio aveva almeno due fratelli, Niccolò (sposato con Fiore) e Neri (sposato con Piera), che evidentemente avevano continuato a vivere nella nostra zona. Lo stesso Manino tornava ogni tanto dal Friuli a San Giusto a Petroio dove aveva alcuni pezzi di terra, è documentata la sua presenza a San Giusto a Petroio nel 1339, 1342 e 1351. Ad accrescere il legame con la Toscana, la moglie di Manino, Giovanna, era toscana anche lei. La documentazione che riguarda Manino di Buccio in Toscana è tutta relativa ad atti rogati tra le pievi di San Pietro in Bossolo e San Giusto in Petroio.6
Il figlio di Manino, Niccolò che divenne notaio in Friuli, nel 1364 vendette tutti i suoi possedimenti a San Giusto a Petroio, gli atti ufficiali non sono pervenuti, ma la dottoressa Scarton ha individuato in un libro di Memorie della famiglia Ciurianni le informazioni necessarie a ricavare che nel 1364 Niccolò (“Niccholaio figliuolo e reda di Manino Buccio da Petroio che sta a Udine in Frioli”) vendette un “podere con meza chasa alta e con uno casolare appicchata a essa, con corte, aia, forno, terra avignata posto nel podere di San Giusto a Petroio” assieme a questo podere furono venduti anche altri sette appezzamenti di terreno.7
Da quella data sembra che i legami tra i discendenti di Manino e del figlio Niccolò con la loro terra di origine, San Giusto a Petroio siano cessati, ma chissà se i due fratelli di Manino di Buccio, cioè Niccolò (sposato con Fiore) e Neri (sposato con Piera) hanno lasciato discendenti che hanno continuato a vivere a San Giusto a Petroio.
NOTE:
1Luigi Biadi – “Memorie del piviere di S. Pietro in Bossolo e dei paesi adiacenti nelle valle d’Elsa”, 1848, pag. 79-81
2Fabio Toccafondi – “Non c’era una volta il Chianti”, 2014, pag. 50-51
3Elisabetta Scarton – “Ritorno al passato. I Manin: dal contado fiorentino alle glorie della Serenissima”, in «Nuova Rivista Storica», CII/2 (2018), pp. 611-636
4ASU, Manin, Pergamene, busta 1. Citato in: Elisabetta Scarton – “Ritorno al passato. I Manin: dal contado fiorentino alle glorie della Serenissima”, in «Nuova Rivista Storica», CII/2 (2018), pp. 621
5ASU, ANA, 672 (notaio Domenico q. Giacomo), vacchetta relativa agli anni 1325-27: f. 128r. Citato in: Elisabetta Scarton – “Ritorno al passato. I Manin: dal contado fiorentino alle glorie della Serenissima”, in «Nuova Rivista Storica», CII/2 (2018), pp. 624
6Elisabetta Scarton – “Ritorno al passato. I Manin: dal contado fiorentino alle glorie della Serenissima”, in «Nuova Rivista Storica», CII/2 (2018), pp. 626-628
7Elisabetta Scarton – “Ritorno al passato. I Manin: dal contado fiorentino alle glorie della Serenissima”, in «Nuova Rivista Storica», CII/2 (2018), pp. 629-630